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Questo testo non è propriamente un monologo teatrale ma è estratto da un racconto di Khalil Gibran, intitolato “La Tempesta”. Scritto divinamente, si presta a essere interpretato in teatro.

YUSIF EL FAKHRI:
No, non ho cercato la solitudine per pregare e per vivere da eremita… poiché la preghiera, che è il canto del cuore, giunge alle orecchie di Dio anche se confusa in mezzo alle grida e ai lamenti di migliaia di voci. Vivere da recluso vuol dire torturare il corpo e l’anima e mortificarne le inclinazioni, è un tipo di esistenza che mi ripugna, poiché Dio ha edificato i corpi come templi dello spirito, ed è nostro compito cercar di meritare e di conservare la fiducia che Dio ha riposto in noi. No, fratello mio, non ho cercato la solitudine per motivi religiosi, ma unicamente per evitare le persone e le loro leggi, i loro insegnamenti e le loro tradizioni, le loro idee, il loro chiasso e i loro lamenti.
Ho cercato la solitudine per non vedere i volti di uomini che si vendono e comprano allo stesso prezzo cose che sono spiritualmente e materialmente inferiori a loro. Ho cercato la solitudine per non incontrare le donne che camminano con alterigia, con mille sorrisi sulle labbra, mentre in fondo ai loro mille cuori non c’è che un unico fine.
Ho cercato la solitudine per nascondermi dagli individui compiaciuti di sé che, nei loro sogni, vedono lo spettro della conoscenza e credono di aver raggiunto il loro scopo.
Sono fuggito dalla società per evitare coloro che, al loro risveglio, vedono soltanto il fantasma della verità, e gridano al mondo di aver acquisito totalmente l’essenza della verità stessa.
Ho abbandonato il mondo e ho cercato la solitudine perché mi sono stancato di rendere omaggio alle moltitudini che credono che l’umiltà sia una sorta di debolezza, e la compassione una specie di viltà, e lo snobismo una forma di forza.
Ho cercato la solitudine perché la mia anima non ne può più di avere rapporti con chi crede sinceramente che il sole, la luna e le stelle non sorgano se non nei loro scrigni e non tramontino se non nei loro giardini.
Sono scappato via da coloro che aspirano a cariche pubbliche, che danneggiano la sorte terrena della gente gettandogli polvere d’oro negli occhi e riempiendogli le orecchie con discorsi senza senso. Mi sono allontanato dai sacerdoti che non vivono conformemente a ciò che dicono nei loro sermoni, e che pretendono dagli altri ciò che non chiedono a loro stessi.
Ho cercato la solitudine perché non ho mai ottenuto gentilezza da un essere umano senza pagarne l’intero prezzo col mio cuore.
Ho cercato la solitudine perché detesto quella grande e terribile istituzione che la gente chiama civiltà, quella simmetrica mostruosità innalzata sulla perpetua disgrazia delle razze umane.
Ho cercato la solitudine perché in essa lo spirito, il cuore e il corpo possono trovare pienezza di vita. Ho trovato le praterie sconfinate dove riposa la luce del sole, dove i fiori esalano il loro profumo nello spazio e
dove i ruscelli cantano durante la loro corsa verso il mare. Ho scoperto le montagne su cui ho trovato il fresco risveglio della Primavera, la brama piena di colore dell’Estate, i profondi canti dell’Autunno e lo stupendo mistero dell’inverno. Sono venuto in questo remoto angolo del dominio divino perché desideravo ardentemente di conoscere i segreti dell’Universo e avvicinarmi al trono di Dio.

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